mercoledì 27 febbraio 2013

Ci fu un’epoca in cui gli uomini tornarono ad odiarsi e a guardarsi con sospetto

Ci fu un’epoca in cui gli uomini tornarono ad odiarsi e a guardarsi con sospetto. L’aria si fece più fredda, le finestre venivano chiuse con violenza, l'erba gelava nei cortili. Fu detta l'Età di passaggio. Si sentiva che doveva accadere qualcosa di definitivo. Si temeva per il futuro eppure le gemme volevano aprirsi.
La primavera parve una rivolta. I fiori erano delicati, ma tenaci sui rami. I ragazzi si diressero con determinazione verso il Grande Palazzo. Tutto poteva accadere ormai. Ed io temevo per il mio paese, ma anche speravo.




Ci sono state primavere di sangue. Ci sono state primavere di lotta. Io invece vorrei una primavera di speranza.

giovedì 21 febbraio 2013

il lungo inverno della ragione




Quando ci voltiamo dall’altra parte,
quando pensiamo che in fondo non cambierà mai niente,

quando alziamo le spalle e diciamo –Chi se ne frega –
quando diciamo – tanto sono tutti uguali –

Quando pensiamo che sono solo gli altri a sbagliare,
quando ci chiudiamo nelle nostre case blindate,
quando guardiamo con sospetto lo straniero, il diverso

allora è inverno in noi.
L’inverno lungo, tenace, che inaridisce la terra.


Aspetto la pioggia,
in questi giorni,
sperando di poter credere ancora negli uomini.

mercoledì 13 febbraio 2013

il pescatore





Il pescatore ha mani grandi, con segni profondi sul palmo.
Non puoi guardare i suoi occhi,
ombre nere e luci inaspettate, come dopo la tempesta.
Il pescatore cammina in mezzo agli uomini, è con loro anche quando piangono e li abbraccia con il suo silenzio. Il pescatore viene spesso insultato e deriso, ma non si difende, semplicemente continua a camminare, instancabile.

Talvolta guarda il cielo e parla. Lancia la rete, ma non ha bisogno di pesci.
Ama aspettare e il cielo sopra di lui mostra tutte le cicatrici. Le lacrime scivolano nel nero e si cristallizzano in piccole stelle distanti. Allora lui piange.
Forse ha creduto in un mondo troppo imperfetto.

domenica 10 febbraio 2013

Elsa Morante e il suo Angelo

 C’è una scrittrice che ho imparato ad amare e che mi ha posseduta a lungo: è Elsa Morante.

Nel 1938 Elsa era appena una ragazza, aveva solo 25 anni, eppure la sua scrittura aveva già costruito piccoli capolavori, racconti che poi verranno pubblicati  nella raccolta Il gioco segreto. Via dell’Angelo è uno di questi. Via dell’Angelo è la riscrittura di un sogno.




La via saliva di sghembo, e il sole, fatto più chiaro da quel colore dei muri, vi batteva da cieli sereni e freschi. Essa era detta “dell’Angelo”, a causa di una statua di pietra, dalle gigantesche ali ripiegate, che si drizzava all’incrocio. Era un’informe figura, decapitata e monca, in atto di avanzare su larghi piedi anneriti. Ogni memoria si era perduta riguardo alle sue origini; forse era un antico Gabriele recante l’annuncio, avanzo di una chiesa distrutta, o forse una Vittoria, preda simbolica di battaglie. Ma si aggirava la voce che fosse un vero angelo, che Dio aveva scacciato dal Paradiso in seguito a qualche colpa grave, e condannato alla terra.



In questo racconto la protagonista, una giovane cresciuta in convento, conosce l’angelo decaduto e vive con lui una notte che ha tutto il sapore e il colore dei sogni. Nel suo diario Elsa annota scrupolosamente le visioni notturne che poi ritroviamo, opportunamente rielaborate, nei suoi racconti. E la cattedrale, splendida e dolorosamente irraggiungibile di Via dell’Angelo, non era altro che la traccia luminosa di un sogno.



23 gennaio 1938

Che miracolo il sogno! Ora capisco da dove è nata la grande e ombrosa cattedrale del mio. […]
Che il segreto dell’arte sia qui? Ricordare come l’opera si è vista in uno stato di sogno, ridirla come si è vista, cercare soprattutto di ricordare. Ché forse tutto l’inventare è ricordare.  (Diario 1938)


Consiglio a tutti la lettura dei racconti giovanili di Elsa Morante, sono piccole pietre lucenti che racchiudono ancora tutta la poesia e il tormento di una donna fragile e incantevole. Si trovano nella raccolta Lo scialle andaluso, Einaudi, e in Racconti dimenticati della stessa casa editrice.

mercoledì 6 febbraio 2013

la bambina delle nevi

La bambina delle nevi mi portò un dono:
era uno specchio di ghiaccio.



Lì dentro ho visto la mia vita. Le stanze in cui ho pianto, le lenzuola che ho toccato, la luce che ha bagnato il mio viso. Ho visto la pioggia che ha corroso il mio corpo, ho visto me stessa bambina in tutti quei giorni lenti e luminosi. Ho visto la mia giovinezza, le mie gambe erano forti, sapevo correre veloce. Ho visto la mia decadenza fisica e il fiorire delle mie gemme: i miei figli. Infine la bambina delle nevi mi sorrise – non è ancora il momento, mi disse.
La neve si sciolse.
La terra era stata dissetata.
Piansi di gioia, non potevo toccarla. Lei tornò ad essere vento forte, tra i rami.






domenica 3 febbraio 2013

febbraio di speranza


 Gli alberi mi parlano di te. Gli alberi in questi giorni affrontano la morte. E anche tu lo stai facendo.
Respira, non c'è altro, ora, che questo respiro.
Respirare, non sembra così difficile...
Aprire gli occhi e tornare a vedere, dopo il buio. Ricordo che il buio un tempo era pieno di voci, un corridoio lungo in cui camminare con le braccia protese, per toccare gli stipiti, i muri. Il buio era la terra dei fantasmi, esseri benevoli, ma sfuggenti. Non avevo paura di loro, ma adesso quel buio è diverso. Là dentro ci sono tanti miei amici, parenti... Tu no, piccola. Tu sei ancora qui, non ti faremo andare là tanto facilmente. Ritorna a vivere, come gli alberi.