martedì 11 giugno 2013

La memoria degli alberi. Recensione della Bottega Scriptamanent


La memoria degli alberi e Alice Corsi

Il Premio “La Giara” ha visto una seconda classificata, Alice Corsi, la camaleontica e sensibilissima personalità dalla cui penna è stato partorito il romanzo La memoria degli alberi. Originaria di Alessandria, già autrice nel 1997 di un’altra opera Il colore della terra, edita da Joker: si occupa di scrittura creativa gestendo e promuovendo diversi corsi sull’argomento. «Le gemme si aprono con troppa lentezza. Le tocco e so che ci sono, so che sono vive. Le gemme dentro hanno un liquido d’oro opaco. Vita. Si chiama vita. Io mi sento foglia verde che nasce. Mi sento sola e forte nel legno. Spingo e respiro. Sto solo respirando. Non mi costa fatica. Il dolore si cicatrizza. Ho croci ovunque sul corpo. Se mi guardo nuda davanti allo specchio, rabbrividisco. Ho la pelle bianca, fragile. Qualche livido e i segni di quello che è stato il mio amore. Tagli neri. Non vogliono guarire. Ma io li osservo e li sfioro. Non odio la mia debolezza perché so che è forza. Se piango davanti allo specchio è solo per vedere l’acqua verde sul viso». È la storia di una caduta, quella nella perdizione della propria mente, del proprio dolore, e con essa nella spirale della malattia mentale. Marion ha cicatrici su tutto il corpo ma non ricorda assolutamente come sono state prodotte o da chi, o meglio la sua mente si rifiuta di ricordare qualcosa di troppo grande o di troppo doloroso. Fragilità e insicurezza disegnano un cammino di sabbie mobili dove non solo il corpo ma anche la propria psiche si arena inevitabilmente. Chi sono? Da dove vengo? Sembra chiedersi la protagonista. Animo sensibile o imprudenza di una giovane ragazza di campagna persa nell’atmosfera di provincia, la accompagniamo nelle sue flebili frammentate rimembranze: la casa dei ciliegi e la sua infanzia, con i fratelli e i genitori, la scelta di studiare letteratura lontana dalla sicurezza della sua famiglia, la sofferta perdita del padre, l’arrivo della nonna; fino al trasferimento in una nuova città, dove l’incontro e l’amicizia di Elix e Vlade dapprima, Giada e Michi in seguito, con la sua presenza luciferina le sconvolgerà l’esistenza per sempre.
Ma la vita non è mai prevedibile! Ci si perde per poi ritrovarsi, a volte, anche più forti di prima, allora ecco che i ricordi riaffiorano come un vigoroso inarrestabile fiume che straripa e valica gli argini. «Ricordo qualcosa. Una stanza dalle pareti color mare. La luce entra ad ondate, come aria di oceano, e io sono china su un libro. È un testo di poesie e io l’assaporo. Ma dove sono? Manca tutto il resto».

Complessa la vita di fronte alla problematica e alla sofferta traccia della malattia mentale, sola in mezzo a gente che non conosci affatto quando nessuno sa niente di te, nemmeno chi ti circonda, difficile provare a scoprire il proprio mondo interiore nascosto nel profondo di una coltre di dolorosissimi flashback, solo la forza e il coraggio possono trovare la strada giusta.

«Ha aperto un varco nella mia memoria che temo di esplorare. La sua violenza, il suo odio li conosco. Fanno parte di me. Non so. Ho paura. Ricordo vagamente un bagno illuminato di blu. E io grido e spingo qualcuno. È una ragazza. No. Basta. Basta.»

La tua vita ti grida aiuto, vuole emergere, riaffiorare, raccontarti chi sei, gridarti il peso della tua coscienza e scalfire i ricordi.

In questo processo mentale tanto difficile tutto rivendica la sua importanza, vuole la sua parte nella tua vita, come l’amore, quello dimenticato, tanto negativo e distruttivo per Michi e quello nuovo, positivo e folgorante, fatto solo d’anima ed evanescenza, per il dottore Nico.

«Io rimango sola con le stelle distanti e ghiacciate. Nell’aria calda dell’estate quei puntini luminosi blu sono cristalli di freddo puro, perfetto. […]. Il cuore va un po’ più veloce e non posso farci niente».
di Pamela Quintieri

Nello stesso articolo ci sono le recensioni di Cani Randagi di Roberto Paterlini e di Giochi di mano di Manuela Lunati.

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