martedì 6 agosto 2013

Alta marea


Lor aprì gli occhi. Tutto era diverso. La sua stanza era un grande acquario dalle pareti scure, appannate. Respirava più forte. Le sue mani strinsero le lenzuola. Il suo viso giovane era percorso da brividi e da gocce trasparenti di sudore e di acqua salata. Non riusciva ad alzarsi.

 Pesci blu, dall’ombra dorata, guizzavano davanti a lui. Murene lucide e sinuose danzavano, lente, nella quiete della camera. Lò era emozionato ed esausto.

 



Lei era comparsa all’improvviso, eppure Lor non si stupì. Era come se l’aspettasse da tanto tempo. Aveva capelli setosi del colore del mare in tempesta e occhi annegati. Doveva aver pianto. Ma in quell’istante sorrideva, incredula.

- E’ tutto un sogno – si disse lui, perché l’amica aveva il corpo coperto di squame argentate e una lunga pinna umida al posto dei piedi.

Non potevano parlare, l’acqua avrebbe soffocato le loro voci, ma si capirono. Lor le mostrò una conchiglia vuota che sembrava un castello dell’oceano. Linil l’accostò all’orecchio e sorrise.

 

C’era un canto remoto imprigionato nella spirale:

Liberami
Liberami
onda  suadente
Sommergimi

schiuma salata
Insegnami
la strada
che porta ad Atlantide,
la scia del destino,
l’incanto del Dio.

 

Linil aveva piccole pietre bagnate, appiccicate sul viso. Lor fece per sfiorarla, ma si svegliò.

 
La finestra si aprì di colpo con un tonfo. Il vento entrò nella stanza. Lò si alzò dal letto e si affacciò. Il cuore gli batteva fortissimo. Vide dei gabbiani alzarsi in volo, sopra di lui. Le loro ali avevano un riflesso nero, una sfumatura che non ricordava. Il loro grido era come un’antica canzone, un richiamo del mare.

1 commento:

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