lunedì 6 gennaio 2014

L'istante ritrovato

Tutti sembrano felici in tv. Le donne sono sempre bellissime, gli uomini sorridono compiaciuti del loro potere. Tutto il mondo si muove troppo velocemente e io non sono che un relitto. Combatto una malattia da anni, eppure a volte mi chiedo perché.
 Perché le mie gambe sono così gonfie, perché il mio cuore ha dei battiti irregolari, perché i dolori mi divorano le ossa. Poi mi dico che è normale, non sono più così giovane. Ma la discesa della vita è così ripida, a un tratto ti trovi vecchia. Le mani. Non riconosco più le mie mani. Un tempo era diverso e allora mi rifugio nel passato. Rivedo la mia vita, come in una pellicola ingiallita, tutti gli istanti che ancora la mia memoria conserva.


 Nonno nel 1944




Rivedo l'inverno mite a Roma, le statue come catturate da una danza lenta, il mio sorriso, oh sì, era bellissimo il mio sorriso e tu non potevi smettere di guardarmi. Tu, avevi attraversato l'Italia in guerra per vedermi. Roma città aperta, lì ci eravamo rifugiati. Ma mio padre non voleva che ti vedessi, tu eri un nemico, un nemico del popolo.

Avevi negli occhi la luce degli uragani, era una luce che mi abbracciava lentamente, un fuoco dolce che non ho mai più sentito, una luce in cui avrei voluto smarrirmi, per sempre.

- Fuggiamo - hai detto tu - sono qui per portarti via -
Ma no, io non potevo farlo, avrei spezzato il cuore di mio padre, lo avrei ucciso.
- No - dissi io.
E mi odiai.

Roma sotto la pioggia. Il tuo cappotto logoro. Tu sei solo un comunista. Io ti devo odiare, ma non ci riesco, qualcuno mi aiuti, perché una crepa ora si è aperta dentro di me.

Chissà quando si chiuderà.

Torino, 1947. Una Roma più scura, come me. Una città adatta a me, perché non ho più la luce dei vent'anni. Lì ho conosciuto mio marito. Quattro figli, due morti nella mia pancia. Altre crepe, come una statua mi spezzerò.
 Ma non è stato così.
Sono cresciuta anche all'ombra e le mie piante sono splendide e lucenti.

Quanti se ne sono andati. Ora tocca a me?

Eppure qualcosa mi cura l'anima, come una carezza d'acqua sulle ferite antiche e nuove. Mi cura il ricordo di tutto, ricordo che si fa sempre più confuso, ma ancora è vivo in me, in qualche spazio remoto della mia coscienza.

In questa stanza danzano allora le statue di Roma, la luce del fiume attraversa lo specchio, entra nei bicchieri esposti nella credenza e il sole è una scoperta sconvolgente fuori dai vetri.  É quello stesso sole di allora e io, vecchia bambina, piango davanti alla mia vita ritrovata.





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