lunedì 28 luglio 2014

La volpe rossa

Ho le mani forti padre e non ricordo più il mio tempo.
Ho corso per notti intere nei campi deserti, cercando la terra, ma non ho trovato altro che erba.
Nella notte le colline parevano rivestite di un pelo fitto, blu ed io non riuscivo a fermarmi. Spesso mi trovavo a carponi, nel buio. Mi vedevo tastare le zolle umide in cerca del varco. La luna, sopra di me, era ora un teschio, ora una pietra enorme, sospesa, attaccata ad un filo invisibile. Potevo vedere i suoi crateri, le valli ghiacciate, forse lì si nascondeva la tana della volpe. Forse era per questo che non riuscivo a trovarla...

Prima di partire tu mi avevi detto - Procedi verso nord, attraversa la Pianura e troverai le colline. Lì c'è il nascondiglio della bestia. Non avere fretta, perlustra il terreno con cura -
A cosa è servito questo viaggio?
Sono qui, ora, padre, che gratto la terra. Non ho trovato nessuno.

Ma all'alba accadde qualcosa.
L'aria era chiara. Il cielo aveva il riflesso delle perle.
La volpe era davanti a me.
Mi osservava.
Aveva il pelo rossastro e ispido. Fili di rame. Gli occhi verdi, grandi e pensosi.
- Eccoti! - mi scappò dalle labbra appena la vidi.
Lei balzò indietro di qualche passo. Si acquattò un poco nell'erba.
- Devi aiutarmi - le spiegai. Avevo la gola secca. La mia faccia era sporca di lacrime e bava.
- La nostra casa è bruciata. Il fumo ha invaso le stanze. Le pareti sono nere di caligine. Non abbiamo più niente - Avrei voluto continuare a parlare, spiegarle la situazione della mia famiglia. Avrei voluto commuoverla. Ma non riuscii a dire altro.
La volpe aveva un muso da cane. Aprì le fauci, come per ridere, ma i suoi denti erano gialli, aguzzi.
Fischiò.
Le colline rimasero ferme. Io no: tremavo.

Ero sull'erba, supina. Le nuvole si muovevano lentamente sopra di me. Era un film che avevo già visto. Mi voltai.

La nostra casa era come un tempo: le pareti bianche, tinteggiate da poco, i gerani rossi alle finestre. La mamma stava spazzando via la polvere dal cortile. Corsi verso di lei. Il suo viso era bagnato dalla luce dorata del tramonto. Lei mi sorrise: i denti erano appuntiti. Li riconobbi.
Era il prezzo, capisci? Il prezzo da pagare, padre.
- Hai perso la tua innocenza - mi disse quel giorno.
- Non sei più una bambina! - forse voleva rimproverarmi.
I suoi occhi erano castani, lignei. Ma le labbra erano morbide, rosate come prima del grande incendio. Ci abbracciammo.





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