lunedì 22 settembre 2014

L'età dell'attesa

Ci fu un'epoca, tanti e tanti anni fa, in cui tutti aspettavano.

Aspettavano il treno, l'autobus, il loro turno al banco dei salumi o alle poste.

Aspettavano anche di lavorare, perché il lavoro non c'era più; aspettavano la persona giusta da amare, perché negli altri non si vedevano più i pregi, ma piuttosto gli insopportabili difetti.

Aspettavano per avere dei figli e infine i figli non arrivavano più, non per crudeltà, ma perché ormai i loro corpi erano diventati vecchi.
Aspettavano tutti, da sempre.
Ma non si annoiavano, perché avevano svariate possibilità di svago. Erano passati i tempi grigi della televisione, ormai si viveva nell'era degli specchi magici. Tutti possedevano, infatti, degli specchi che consultavano con accanimento. Lì c'erano proiettate le parole degli amici, le foto, lì c'erano le notizie del mondo, lì c'era una possibile via di fuga. Grazie agli specchi incantanti le persone si sentivano meno sole e non si rendevano conto che la vita scivolava via, fuori dal tempo.

Si sognava una rivoluzione, ma non si aveva la forza di agire. Il sogno aveva preso il posto della realtà, ma non era entusiasmante, perché nulla era vero.

Alcuni uomini e donne si accorsero dell'inganno, distrussero gli schermi, tornarono a sporcarsi le mani di terra e sudore. Ma ancora non sappiamo che ne sarà di loro e della loro età sospesa e incerta. Di certo sappiamo che quella fu un'epoca soggetta a passioni fugaci e ingannevoli. I veri eroi rimasero nel limbo, sconosciuti, silenziosi, ma vivi.




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