venerdì 27 febbraio 2015

Cantastorie dei perdenti

Ho perso, ho perso ancora.
Sconfitta come 10 mila altri uomini e donne. Chi racconterà le mia storia?
Chi racconterà la storia di quella donna che mi guarda ora? Quanti anni hai? Qual è il tuo nome e quanto hai amato?

Cadremo, saremo nella terra, eppure le nostre vite hanno dentro un germoglio vigoroso e così splendente e voi non lo saprete, voi non lo vedrete mai.

Vorrei scrivere le storie degli ultimi della terra, quelli che camminano qui, adesso, su questo marciapiede, quelli che per voi non sono importanti, quelli che per voi non contano.

Vorrei ascoltare tutte le loro avventure e poi trasformarle in storie epiche e leggendarie, lasciando da parte le elaborate metafore, le sottili figure retoriche, per lasciare spazio ai nostri sogni, all'emozioni delle nostre piccole e grandiose vite.

Ho perso, ho perso ancora, ma in fondo non importa.

Canterò una nuova canzone, senza sperare più nulla, canterò fino a che avrò le forze, guardando il fiume stretto lassù, il cielo schiacciato dai palazzi di questa sporca e amata città.




venerdì 13 febbraio 2015

Il mondo imprigionato

Ho viaggiato a lungo, stando qui, in questa casa.

Non ho la possibilità di partire, non ho abbastanza soldi e le mie gambe non me lo permettono.
Sono fragili, le mie ossa si potrebbero spezzare.

Così viaggio con la mente.

In cucina c'è il deserto, la terra rossa, spietata e arida. Nel deserto sento ogni notte cantare il vento, mulinelli di sabbia disegnano volti pensosi e assorti nella contemplazione delle stelle.

La sala è New York, una città trasparente fatta di vetri, colori e rumori. Ballo senza stancarmi nella mia metropoli, sorseggio aperitivi frizzanti e chiacchiero con tutti gli specchi, così ciarlieri, così accomodanti. Le immagini di me sono sempre diverse e volubili. Non mi annoio mai con loro.

Il bagno è una terra ghiacciata e polare. Nella grande vasca scrostata un orso sonnecchia aspettando la luna, tutt'intorno a noi non c'è altro che silenzio bianco. Io mi siedo sul water e mi commuovo guardando quel nulla e cercando un lontano bagliore.

Nella mia camera da letto c'è l'Amazzonia. Il caldo umido dell'equatore mi rende inquieto, togliermi gli abiti non sarà sufficiente, non placherà questo malessere. Dovrò immergermi nel fiume e nuotare tra i pesci colorati, mille sfumature di arancio e rosso, cercando il sole all'orizzonte.

Ho troppo viaggiato ormai e sono stanco.
Il mio corpo trema di emozione, guardando le nuvole sul soffitto.
Si muovono molto velocemente.

Cado giù, sul pavimento.
Non so se riuscirò a rialzarmi.
Dovrò aspettare mia moglie, quando tornerà dal lavoro mi rimprovererà.
Ma io, in controluce, la vedrò bellissima, come un'indigena, scura e selvaggia e allora tutto sarà perfetto.






venerdì 6 febbraio 2015

Uno, due, tre, quattro; quante pecore nel mio letto.

Ci sono periodi strani in cui tutto sembra eccessivamente gravoso. E senti di non potercela fare.
In quei periodi la notte si dilata. Tu, nel letto, distrutto eppure irrimediabilmente sveglio. La notte si popola allora di suoni, parole sussurrate, sguardi che credevi spariti, voci sommesse che ripetono cantilene remote. Non conta che tu sia stanco, la notte ti perseguita.

In quelle ore i fantasmi si siedono vicino a me e raccontano le loro storie talvolta banali, talvolta prevedibili, talvolta così dolorosamente coincidenti con la mia vita.
E a nulla serve maledirli, cacciarli, insultarli. Loro mi accompagnano nella discesa lenta del dormiveglia. Fino al mattino, quando la luce del sole li fa sbiadire.
E per me è troppo tardi.