mercoledì 14 giugno 2017

Villa Ombra

Villa Ombra è la storia di un'estate. Siamo nel 1991, Viola ha 16 anni e insieme ai suoi amici entra in una cascina abbandonata. Lì inizia un'avventura con se stessa, i sensi avvertono tutti i fruscii, le ombre, i sussurri. Viola cresce in un'estate di stelle cadenti, di pagine di un diario scritto nel 1978, da un ragazzo morto in circostanze misteriose, di ricordi non suoi, aperta all'universo, in bilico tra due realtà. Il mondo dei vivi e il mondo degli Altri.

La scoperta dell'amore e della morte, in un gioco pericoloso. Si può vivere a metà?




Mille gocce d’acqua, per mille istanti perduti.
Percorri la scala a ritroso,
ritorna a quei giorni d’estate,
in cui i grilli cantarono questa canzone.
Ora, non ho paura di ascoltarla.


 Avrò avuto 4 anni, era pomeriggio e pioveva. Giocavo con le biglie, le facevo cadere dai gradini della scala a chiocciola di casa. Piccole sfere di vetro, sul marmo bianco venato di grigio. Chissà se si rompono, mi dicevo.
   Le biglie rotolano fino al piano terra. Ne raccolgo una. Ha l’anima azzurra, una piccola foglia di mare. E poi li vedo.  Un uomo e una donna, in cima alla scala. Mi guardano con affetto, sono giovani, eppure hanno negli occhi l’incanto della notte. Sanno il mio nome. Sanno tutto di me, eppure non possono toccarmi, non possono parlarmi. Sono lì, ma potrebbero anche essere altrove. Lascio cadere la biglia, ma non fa rumore. C’è solo il suono della pioggia, un bisbiglio antico, frammenti di filastrocche sconosciute, poesie interrotte, lacrime.
 
  Qualche giorno dopo, sfogliando un vecchio album di famiglia, li rivedo; sono proprio loro: la mia bisnonna Arianna, morta a trent’anni di parto e suo marito Umberto. Sfioro le foto antiche e piango. Ma i morti non stanno in paradiso? Che ci fanno i morti a casa mia?

  Non volli più andare sulla scala da sola, costringevo almeno uno dei miei fratelli ad accompagnarmi. Fino a che quel ricordo si offuscò, diventò un sogno sfumato, avvolto nella nebbia. Crescevo veloce e pensavo fosse stato un incubo: i morti sono chiusi nelle bare, sotto terra. Portiamo i fiori a novembre, piangiamo un po’, talvolta, ricordandoli. E le loro anime vivono in un giardino di rose, in mezzo alle nuvole. Il mio ordine mentale era stato ripristinato, resettando quell’interferenza dolorosa.

  Allora non sapevo che quella storia fosse appena incominciata.






 Foto Anita Libera Corsi




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