La mia cesura sei stata tu, dolce amica. La tua vita logorata, la morte di tua figlia, come un angelo senza più ali, ferma sul letto d'ospedale.
La mia vita si è spezzata un po' con il tuo dolore di madre, madre che vede morire la sua piccola e l'abbraccia, ma è troppo tardi.
La morte dei figli, il male che ci divora dentro come un cancro e cresce, non s'arresta.
E così è stato, lui ti ha presa e portata via da me, da noi.
La mia cesura. Giugno 2015. Da allora non sono più giovane, ma sono vecchia. La mia vita abitata da fantasmi; io, amata, superstite.
L'altra cesura è precedente. Nell'estate del 2011, in mezzo alla Toscana assolata, nei campi di grano sterminati io perdo te, papà. Tu sei la mia infanzia e la mia adolescenza. Sei l'uomo che prima ho odiato e poi amato, sei l'uomo che è caduto e ha saputo rialzarsi. Sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto e mi manchi come l'aria. Le tue parole, il timbro unico della tua voce, le tue idee, il tuo essere splendidamente anarchico, la tua voglia di farcela, nonostante l'ictus; tu. Tu, mi manchi.
Le cesure ci accompagnano. Sono attimi in cui tutto si ferma, si congela. La nostra storia poi riprende, eppure è diversa, perché noi siamo cambiati. Irrimediabilmente. Non si può tornare indietro, riavvolgere la pellicola.
Il film va avanti, ci rimangono i ricordi, immagini perse nella nebbia, voci sussurrate e tutto l'amore che ancora ci brucia dentro.
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