giovedì 20 settembre 2018

Le lettere di carta

A volte scriviamo lettere nella mente.
Parole esili, veloci o intense. Pagine che non esistono concretamente in nessun luogo, esistono solo dentro di noi.
Pensiamo lettere d'amore o di odio e disprezzo, eppure non ci sediamo più, non appoggiamo più la penna sul foglio. Scriviamo messaggi digitali, ma non è la stessa cosa.

Quando ero ragazza avevo degli amici di penna. Li amavo e li odiavo con una forza sorprendente, ci scrivevamo segreti inconfessabili, loro sapevano cose che neanche le mie amiche più fidate conoscevano. Erano tutti ragazzi, dal volto sconosciuto o quasi, a cui avevo aperto la mia anima. Era lì, nuda, sulla carta. Nient'altro che le mie parole, i miei sogni, le mie illusioni.

Quando provavamo ad organizzare incontri per vederci la delusione, da parte mia, era bruciante. 
Erano loro? Quei corpi non mi appartenevano, erano a me estranei, erano anzi fuorvianti. 
Io amavo le loro parole, non i loro corpi. E forse anche i miei amici pensavano le stesse cose: chi è quest'ossuta ragazza? Non è lei, non è la mia Alice.
Così le amicizie scemavano, le lettere erano sempre meno frequenti, i silenzi si amplificavano.

Adesso si corre e si perde qualcosa. Il tempo per scrivere una lettera, una pagina di diario. Occorre riprenderselo quel tempo, scrivere una lettera per ribellarsi, per capirsi, per perdonarsi.
Una lettera per chi vuoi tu, fosse anche solo per te stesso.





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