venerdì 7 agosto 2020

L'ultima notte

Eravamo ancora bambini, ma stavamo crescendo. L'estate era eterna per noi. 

Io e Cristian eravamo diventati amici, anche se lui aveva tre anni più di me. Le sue mani sapevano costruire giochi, coltelli, bastoni per la battaglia. 

Il suo sguardo era spesso nascosto da cappelli, amava l'ombra e a nascondino era il più bravo di tutti. Io invece amavo il sole e la luce abbagliante dell'estate.

Ero chiacchierona e gli raccontavo mille storie inventate. Lui sorrideva, ma restava spesso in silenzio e io non capivo cosa gli passasse per la testa.

Cristian amava il legno, lo sapeva lavorare, incidere, levigare. 



Era il 15 di agosto, la fine dell'estate per me. Il giorno dopo sarei partita, forse non ci saremmo rivisti più. Trovavo tutto questo crudele e ingiusto. Spiavo i suoi movimenti lenti mentre camminava, il suo sguardo, il suo sorriso ad un tratto triste. 

Arrivammo al mare; era buio, immenso, una distesa d'acqua sussurrante. 

Pensai che la vita a volte era dolore, perchè non sentirlo più, non vederlo, non potergli parlare ancora era davvero intollerabile.  

- Questo è per te - mi diede una piccola statua di legno. Era un angelo, mi assomigliava vagamente. Sorrideva, ma gli occhi sembravano guardare lontano, oltre il mare. 

- Grazie Cristian, io ti porterò sempre qui - e gli indicai il cuore. Il cuore di bambina che si spezzava pian piano.

Ci abbracciammo forte.

E piangemmo. 

Il mare ci rassicurava come un padre benevolo, le stelle stavano zitte, lucenti e bellissime. 




Ancora oggi conservo l'angelo di legno di Cristian e mi piace pensare che un giorno, forse da vecchi, rimasti soli, ci ritroveremo davanti al nostro mare. Lui avrà un cappello, io gli parlerò di qualche avvenimento fantastico parzialmente vero, in gran parte inventato.  Ci riconosceremo. 

Avremo tutta una vita da raccontarci.