mercoledì 10 agosto 2022

Dorotea, la città precipitata.

 Dorotea era una città celeste, lo raccontano le antiche leggende.

Nel suo remoto passato gli angeli suonavano melodie delicate tra le vie luminose.

Angeli dalle ali enormi, fatte di luce.

Dorotea brillava al tramonto e chi l'aveva vista, anche solo in sogno, non la dimenticava più.

Ma questo accadde molto tempo fa.

Dorotea precipitò sulla terra.



Tutto quello che c'era di etereo in lei si fece materia, diventò pietra, marmo, cemento.

I suoi abitanti non erano più angeli, ma uomini e donne. Il desiderio dell'altezza e della profondità però non si placò mai in loro e nella loro città.



Fontane nascoste nei cortili, 

finestre nel vuoto, 

cattedrali corrose dal mare e dal vento, 

vicoli incrostati di sogni, 

statue di angeli dallo sguardo triste, verso il tramonto, 

case dai muri curvi, 

volti senza occhi sulle pareti.


Arrivai a Dorotea con il corpo alla deriva.

Lividi, dolori, mancanze.

Andai fino alla sua basilica, sembrava un gigantesco termitaio o un organo nel deserto, ancora incompleto.



Lì c'era ancora la traccia remota della città precipitata.

All'interno grandi alberi s'innalzavano per cercare una luce perduta che, pure un tempo, avevano vissuto.

Quella luce prigioniera mi parlò di tutti i colori del mondo, dei rumori impercettibili dell'universo, della nascita e della morte.

Allora capii finalmente: 

Dorotea non era perduta 

e neanche io.