martedì 17 dicembre 2019

Waiting for the miracle


Io la conoscevo da quando era bambina, ma non l'avevo mai vista così.
Era quasi Natale, Torino brillava, le luci delle strade si riflettevano nei suoi occhi. Era come sopraffatta da qualcosa che non conosceva, da qualcosa che temeva. 
Entrava in chiesa e guardava il crocifisso, il bambino era cresciuto ed era morto in modo crudele.
Il figlio del falegname non era mai stato capito dagli uomini.
Amava restare da sola in chiesa, ascoltare il silenzio delle navate deserte, avvertiva il peso degli anni, il tempo s'ingrandiva e si rimpiccioliva nelle chiese vuote.
Io ero affascinato da lei, lo ero sempre stato, ma non glielo avevo mai detto.
E poi lei mi era proibita, aveva un altro e io avevo la mia famiglia.
Però eravamo amici e sapevo che lei sarebbe morta per me.


 Jonas Hafner



Quel giorno c'incontrammo per caso, nevicava. 
Camminammo un po' insieme, parlando di quando eravamo bambini. Lei ricordava tutto di me, io no, io avevo dimenticato troppe cose, ma era bello riascoltare la mia vita attraverso la sua voce.
Si fermò di colpo, lo sguardo perso in una lontananza sfumata.
La neve tutt'intorno a lei, come polvere di luce.
- Sono malata - disse.
- Non ne avrò per molto, ma credo nei miracoli. Prega per me -
Qualcosa che si rompe in me, i cocci di vetro mi frantumano l'anima. Emorragia interna.

La rivedo in un Natale di anni fa, aveva nevicato molto, giocavamo a nascondino nel cortile di casa sua. Io e lei dietro alla macchina di suo padre.
1, 2, 3, 4, 5, 20, 21.
Ci guardavamo e io avrei voluto baciarla, ma lei abbassò gli occhi e scappò via.

Fu presa,
aveva perso,
ma avevo perso anch'io.

- Anch'io credo nei miracoli - le dico.
Ci abbracciamo forte e non importa se sto piangendo, non importa se piange anche lei.
Non importa se la neve si ferma nei nostri capelli,
se l'ombrello è caduto e la gente forse si è fermata a guardarci.
Ci abbracciamo forte e già so che tutto andrà bene.
Aspettando un miracolo che forse non arriverà mai, io e lei, uniti, come quando, a 5 anni, ci siamo presi per mano, per non cadere.














martedì 10 dicembre 2019

La fabbrica di plastica

La fabbrica di plastica è un romanzo avvincente, di Dario Gigli, edito dalla casa editrice indipendente Ali&No.

Marco, il protagonista, si trova a lavorare come educatore in una struttura in cui utenti con disagio psichico assemblano giocattoli per una fabbrica di plastica.
Lui stesso è in un periodo di smarrimento e prova a mettere insieme i pezzi della sua anima, divisa tra razionalità e istinto.

In tutto il libro è presente questo dissidio tra ciò che Marco ritiene giusto e la passione, la violenza, il raptus.

La scrittura di Dario Gigli è attenta ai dettagli e non risparmia nulla al lettore, catapultato nella vita di Marco, Marco che s'innamora e si perde, in un rapporto intenso e a tratti crudele con una donna più grande di lui.

In questo romanzo il disagio psichico non è visto con distacco, ma con sofferta partecipazione.

I dolori, i traumi subiti, la difficoltà a relazionarsi in modo autentico, l'incomunicabilità, sono tutti aspetti che riguardano ognuno di noi.

Nessuno è fuori dalla fabbrica di plastica, tutti proviamo a mettere insieme i pezzi della nostra vita, come i personaggi di questo romanzo, combattuti, a volte perdenti, spesso incompleti e, per questo,
profondamente veri.