venerdì 4 luglio 2025

La casa al confine del sonno

 Era il confine del sonno. Una casa al bordo del precipizio.

L'oceano s'intravedeva dalle grandi finestre delle camere da letto. Il colore del mare era mutevole, grigio, celeste, blu. I gabbiani gridavano felici gettandosi a capofitto verso le onde. 

Forse stavo dormendo. Il corridoio era in penombra, la cucina era bagnata di una luce opaca, acquatica. C'era un grande acquario al posto della televisione, era un acquario marino, con anemoni e pesci pagliaccio. 

E tu eri lì, come al di là del tempo. Ci guardavamo, superstiti di un conflitto. Ti avevo portato un vecchio album di foto e una bottiglia di vino. 

Il mare entrò in noi, lentamente.

Il mare era finito nei nostri ricordi e nelle nostre speranze. 




- Vieni - mi hai detto e mi hai mostrato una scala in pietra, dietro alla casa. Scendeva verso l'oceano, in mezzo al vento di quella mattina.

Io avevo paura di cadere, troppo impacciata ormai, troppi anni sulle spalle, ma guardai solo i miei piedi, un passo alla volta, senza pensare.

L'oceano era lì, immenso. E io e te eravamo così piccoli, vicini a lui e al cielo. Ci sorridevamo, come compagni di giochi. 

Eravamo felici.

Le onde, le attese, le lacrime, le ferite, tutto era lì, in quell'istante infinito.

Io lo chiamo "il sogno del mare". Lo tiro fuori ancora adesso, quando mi manchi. Prendo dalla mensola una grande conchiglia che proviene dall'oceano e l'accosto all'orecchio. Così torno in quella casa al confine del mondo e tu torni a parlarmi, come allora.

- Non tutto è perduto - 

- Ciò che ami resta, ciò che ami mette radici e non se ne va via - 







sabato 7 giugno 2025

L'amore in piccole gocce

L'amore in piccole gocce, 
passano attraverso il corpo disidratato dalle attese vane.

L'amore in piccole gocce, 
dissetami.

Labbra secche, 
pelle antica, 
corteccia, 
foglie tra i capelli, 
radici sulle gambe.

L'amore in piccole gocce,
doveva bastarmi, 
non potevo chiedere di più,
anche se le parole attese si erano sbriciolate.

Era rimasto solo il tuo no.
No, mi avevi detto.
L'amore in piccole gocce, 
quando avevo visto il sì nei tuoi occhi.

L'amore in piccole gocce, 
a volte non basta.

L'amore in piccole gocce,
per sapere se esiste ancora quel fiore dentro di te.
L'amore in piccole gocce,
per sopravvivere nel deserto. 




giovedì 1 maggio 2025

I quaderni di Aicha

 Aicha era scappata un'altra volta. Doveva smetterla di fuggire da se stessa e da ciò che provava. Doveva avere il coraggio di guardarsi allo specchio. 

Ma la guerra l'aveva uccisa tante volte e Aicha aveva paura.

I suoi occhi grandi, la bocca dischiusa in un sorriso antico, la pelle troppo scura per essere come loro.

Aicha scappava quando il dolore le entrava dentro e traboccava. 




Usciva di casa e tornava dopo qualche ora, nessuno le badava del resto.

Aicha era sola, ma aveva un mondo immaginario in cui si rifugiava e lì trovava un pò di pace. Disegnava castelli impenetrabili ai margini di foreste oscure, disegnava creature sotterranee o sirene con capelli di fuoco. Un universo muto e fluttuante in continuo mutamento. Disegnava su piccoli quaderni di basso costo, le pagine sgualcite dalle lacrime e dalle attese. 

Aicha non voleva ricordare il viaggio, quando le chiedevano da dove venisse lei inventava qualche sciocchezza, il suo passato era murato.

Il suo passato era dietro una porta chiusa a chiave dall'interno. E lì sarebbe restato a lungo, forse per sempre. 

Fino a che la lingua, che aveva appreso con così tanta fatica, non le diventò amica. Aicha allora iniziò a scrivere in italiano, i suoi genitori non sarebbero stati in grado di capire, non fino in fondo almeno, e poi comunque non avrebbero mai letto quei quaderni.

Aicha così scoprì la scrittura. I suoi diari si riempirono di parole, di pensieri, di paure che sbocciavano come fiori crudeli. 

La scrittura era la sua maledizione e la sua salvezza, scrivendo Aicha diventava un'altra, indossava tutte le maschere che voleva ed entrava nei suoi castelli immaginari. 

Non più solo disegni, ma anche racconti, riflessioni, poesie, trascrizioni di sogni. 

Forse un giorno, facendo finta di essere un'altra, avrebbe anche potuto raccontare la sua storia. Avrebbe aperto quella porta. E il buio, forse, non le avrebbe fatto così male. 



venerdì 4 aprile 2025

La pioggia e poi il sole arido

 Dopo la pioggia cosa resta nel cuore. 
Frammenti di un discorso mai finito e forse mai iniziato, 
parole che hai buttato via. 
Ti facevano male? Erano spilli per te o coltelli?
E di me non t'importa?
La pioggia e poi il sole arido hanno bruciato tutti i fiori.  
Le radici sono cresciute nell'anima e sono risalite su tutto il corpo.
Sono un pezzo di legno avvolto da vene di legno.
 Un albero senza vento.
Ho aspettato troppo a lungo la tempesta, ma il cielo è rimasto fermo. 
Le nuvole erano pietre bianche, immobili nell'aria e le mie lacrime sono evaporate.
Infine non ho aspettato più. 
Sono diventata musica. Sono diventata sostanza e canto di rivolta. 
Sono diventata acqua.
E il fuoco è rimasto sepolto sotto i miei silenzi.







domenica 23 febbraio 2025

Gocce nel cuore

La città era una nemica? Una maschera di ferro, lame alle finestre. Camminavo veloce per incontrare lui, mentre tutto bruciava. ma il fuoco era solo dentro di me.

Avevo stivali neri, la giacca di pelle, un ciuffo di capelli rossi, una fiamma era finita su di me.

La me bambina, nel giardino incantato della mia infanzia, mi guardava e non mi riconosceva.

Ero perduta.

Corri, corri bambina.

Forse stava piovendo. 

Non lo ricordo, ma so che andavo da lui, con il cuore pieno di ferite.

Si può cucire il cuore? No, non si può cucire.

E lui era tutti i miei sbagli eppure avevo voglia di rompere l'immagine di me, chi c'era al di là dello specchio?

Alice cerca il coniglio bianco e finisce per cadere nella tana infinita. 

Le vie buie e infine i Murazzi. No, non devo aver paura. Sono sola, ma non devo aver paura. Il fiume come un compagno innocente e il riflesso del monte dei Cappuccini, come una promessa.


Il locale era inondato dalle ombre, giochi di luci lontane, acquatiche e il mio coniglio non c'era. Ero lì, sola, per lui. 23 anni e ancora tutto da imparare.

Lui arrivò, unico come lo ricordavo, e restò con me tutta la sera. Il mio coraggio mi aveva premiato, era l'inizio di un amore, ma era anche una lenta caduta, eppure non lo sapevo.


I segni sul suo corpo, i segni nella sua anima. Lividi dappertutto su di lui.

Era una storia d'amore, ma era anche una caduta. 

Allora non lo sapevo.

Gocce d'acqua in una siringa. In una siringa c'era il mare al tramonto. Ma no, non era il mare, era il suo veleno.

Chiudi gli occhi bambina, è solo una lunga caduta.


Non ti farai male, 


sopravviverai. 


Ritroverai le tue ali ferite, ritroverai le parole che avevi perso, recupererai i silenzi.

E una lunga scia di dolore ti porterà via da lì.

Pensavo fosse un gioco, pensavo di salvarlo, pensavo.

Giorni bianchi allineati in fila, come formiche. E noi che piangiamo, noi che ci facciamo del male. Noi che non siamo più noi e il mare nella siringa che invade tutta  la casa. Il mare è dappertutto e bisogna scappare, bisogna andare via, andare via da lì.

Ricomincerai a camminare da sola, dopo aver pianto così tanto, 

ricomincerai a sorridere, quasi senza accorgertene.

E sarà solo un nuovo inizio.




 1998





sabato 25 gennaio 2025

Correremo senza pensare al domani

 Correremo senza pensare al domani, correremo perchè abbiamo aspettato troppo. 
Gli specchi rotti e i silenzi infranti, le labbra spaccate e il tuo respiro vicino.

Correremo senza pensare al domani, 
delle nostre rivoluzioni a te che importa?

Non possiamo invecchiare perchè siamo bambini, 
non possiamo morire perchè siamo idee.

Io e te, 
giovani e vecchi, 
esausti e stremati.

Sulla strada della polvere, 
sulla strada del perdono.

Non abbiamo mai smesso di correre, 
per tutto questo tempo, 
non abbiamo mai smesso di correre. 

Correremo senza pensare al domani, 
così doveva essere, 
così è ora. 

Fuori dalle città pietrificate, 
verso il bosco.

Mi racconterai del tuo passato
e vedrò tutti i tuoi giorni, allineati come formiche, 
tutti i tuoi giorni e le tue notti,
vedrò le tue lacrime, come cristalli nella neve.

E non avremo paura. 
Non più.






venerdì 27 dicembre 2024

Neve leggera

 Erano i giorni del gelo e del ricordo. Io ero rimasta sola. Vagavo per le stanze alla ricerca del perdono, per me stessa e per gli altri. Volevo perdonarmi per tutto l'amore che avevo dato invano, perdonare gli altri per tutto l'amore che non erano stati in grado di darmi. 

Cadeva la neve, ma solo dentro di me. 




Vedevo gli inverni della mia infanzia in una sfera di vetro, lì c'erano tutte le mie paure e i miei sogni.

Il cuore pulsava troppo velocemente, la neve non sarebbe bastata a rallentare i battiti. 

Neve, neve leggera, vieni e portami via, nel tuo incanto, nel tuo mondo ovattato, senza suoni, nè dolori. 

E vedevo nella sfera innevata gli uomini che avevo amato, le loro mani aperte, il mio respiro e il mio desiderio. C'erano statue ghiacciate di me, bambina, ragazza, donna. Io ero ghiaccio e fuoco. Chi può sopportare tutto questo? 

Chi può capirlo?

Nessuno. 

Nessuno può capire il mio ghiaccio e il mio fuoco. E tutte le mie idealizzazioni, i miei castelli di carte che cadevano, uno dopo l'altro. 



Neve, neve leggera, vieni e portami via.

Portami da chi mi ha amato e mi ha aspettato, così tanto che il suo cuore infine è diventato uno specchio scheggiato. E non sa più riconoscersi. 

Neve, neve leggera, portami via, là dove non ci sarà più attesa vana, ma semplice realtà.

Neve, reinsegnami i nomi delle cose, ho dimenticato tutto.

Ho bisogno dell'inverno dell'anima per ritrovare il mio nome sepolto nel gelo.

Neve, neve leggera, parlami ancora, sblocca il mio silenzio, sciogli il mio cuore rimasto sotto strati di ghiaccio. Lì è finito, per proteggersi, per salvarsi. 







sabato 14 dicembre 2024

Senza ali

 La salvezza non c'è stata.

Mi hai fatto vedere la speranza e poi mi hai cacciato giù nel silenzio ghiacciato.

Sono precipitata senza che tu mi tendessi la mano.

Mi hai lasciato cadere,

senza ali.

E io ho visto le montagne distrutte, 

la neve della mia infanzia, 

la casa dalle finestre appannate.

A te non importava

delle mie lacrime, 

dei miei sospiri, 

delle ore infinite passate ad aspettarti.

E io cadendo diventai ghiaccio.

Cadere era dolce, 

non pensavo più a niente, 

sorridevo alla vertigine.

Il mare era vicino, 

tu eri troppo lontano ormai.

Tu e le tue paure che ti mangiavano il cuore.

Io non ho colpa, 

non mi accusare.

Butta fuori tutto il nero che ti divora 

e lasciami planare, 

lasciami la luce. 







domenica 24 novembre 2024

Blue labyrinth

 La città era una landa di ghiaccio. Poche persone si aggiravano, superstiti. 

Nel cielo le stelle erano buchi di luci lontane appuntite. E Lara lo cercava come si cerca l'acqua nel deserto. Le vetrine erano piene di oggetti luminosi, ovunque schermi ed immagini. Occhi, labbra, destini troppo veloci per essere visti.

Lara era giovane, eppure era già perduta.

Una ragazzina in una città-labirinto. Beveva per reggere le notti al bar. Spillava la birra, puliva il bancone, riempiva i bicchieri di liquore e rideva per non sentire la voce di Jo dentro di lei. La sua voce, come una maledizione e una benedizione. 




Scorrevano le immagini di loro e di quello che erano stati. Lara e la sua voglia di vertigine quando si avvicinava troppo al precipizio e Jo così ermetico e sfuggente. Un giorno l'aveva visto piangere e per un momento aveva visto nei suoi occhi il bambino che era stato, i suoi giorni amari, la sua infanzia violata. 

E lui aveva visto tutto il suo dolore.

Si erano abbracciati, troppo giovani per morire. Lei gli avevo toccato le spalle e aveva sentito le sue ali.

Erano angeli caduti, conservavano il ricordo della luce, ma poi erano stati cacciati per la loro disubbidienza. Il viso di Jo vicino al suo, il suo respiro.  La dimenticanza.

Lara aveva visto le foreste mentre lo stringeva. Le radici primitive, i laghi, il muschio e lui aveva detto  - Non vorrei che finisse mai -





Ma era finito. La vita era crudele, la città era piena di voci e lui dov'era? Era dovuto partire.  Lei era stata solo una comparsa nella sua vita. 


Camminava, disegnava, mangiava e lui eri sempre con lei, come un compagno silenzioso e invisibile. 

Una notte Lara vide la luna sciogliersi lentamente. Gocciolava in silenzio. Com'era possibile che nessuno la vedesse? Le persone camminavano ignare, gli occhi fissi ai loro schermi, e la luna perdeva gocce di luce nel cielo. 

Fermò un uomo, gliela indicò, lui si allontanò da lei, sospettoso. 

 Rimase ferma, sul marciapiede, forse la vedeva sciogliersi solo perchè stava piangendo.

Era lei il problema. 

Ma il ricordo di Jo la consolò. Andò a casa e gli scrisse una lunghissima lettera in un tempo in cui le lettere non esistevano più. Poi la bruciò. 

Suonò il telefono. Era lui. Le disse che non era finito proprio niente, che sarebbe tornato.

Lara si  affacciò alla finestra. La città era un intrico di linee spezzate rosse e blu. Il mondo era in fermento, le statue si sgretolavano, le mani erano piene di tagli, ma lui c'era. Lui c'era. Questo curava le sue ferite. 

Si specchiò. Era cambiata, era cresciuta. E non aveva più paura delle ombre. 






domenica 20 ottobre 2024

Diventai foglia

  Diventai foglia, 

ingiallii guardando il sole al tromonto.

Eppure ricordavo il verde dei miei giorni, 

ricordavo la tempesta dentro di me, 

il fuoco nell'anima, 

la pioggia sulla pelle.

Ricordavo le strade percorse, 

i giorni infiniti senza di te. 

E tu che non ci sei. 

E tu che vivevi altrove, 

mille storie senza di me. 

E io a pensarti, nelle notti, nelle sere, di domenica, di lunedì. 

Io a pensarti.


Come quando mi avevi guardata in controluce, 

ed io ero diventata un'ombra. 

Eppure ero viva, ero lì, 

a pochi passi da te.

Ero lì, potevi sfiorarmi, potevi rompere l'incantesimo.


Diventai foglia, giorno dopo giorno.

Il giallo entrò nel mio sangue, 

ma non spense la speranza.

Diventai foglia nell'autunno della mia vita, 

ma in me restava, 

in qualche angolo remoto di me,

caparbio e ostinato, 

l'inquieto verde della  primavera.