venerdì 26 ottobre 2018

Filastrocca a quel paese

In un tempo della mia vita mortale, mi trovai a vivere in un paese immorale.
Non era al di là dei deserti o delle Alpi innevate, ma era l'Italia,
la terra delle strade bucate.

In quest'epoca oscura non vi era pace alcuna,
non per i lavoratori, non per i procuratori, non per gli infermieri o per i dottori,
non per le commesse o per i professoroni.

Il lavoro non c'era più, questo era il vero problema,
ma i due re decisero di dare la colpa al sistema.

L'uomo nero che verrà, lui la guerra porterà,
qualcuno diceva;
le banche, le scie chimiche, le tav e le burocrazie europee,
sono loro a frenare la nostra crescita naturale ed imparziale;
di tutto ormai si temeva e qualcuno talvolta piangeva.

Perché in quel vecchio paese, ricco di glorie passate, e vestigia rinomate,
ben poco era restato, se non tetre voci arrabbiate.

Il paese di Cesare, Dante e Pirandello
adesso non è che lo zimbello
di tutti quanti,
e più non ricorda perché si è riempito di furfanti.

Non sa rialzarsi, impreca
e tira i sassi,
come un vecchio rimbambito,
che non guarda la luna lassù,
ma il suo povero, rugoso, terzo dito.