martedì 18 giugno 2019

Il tuo fuoco, la mia acqua


Era di nuovo estate. Si stava fuori, si guardava il cielo, gridando giù per i campi. La scuola era finita.
Come ogni anno erano arrivati gli artisti di strada. Stavano in periferia, in accampamenti di fortuna. Dormivano in macchina o nei furgoni. Anche Jo.


 Vladimir Mishukov



Jo veniva dall'est, aveva attraversato troppe tempeste, lo si vedeva dal viso. Una cicatrice sulle labbra, i capelli lunghi ricciuti, le rughe che segnavano la pelle, per ogni ruga c'era un sorriso o un dolore nascosto. Gli occhi erano scuri, ma a tratti un guizzo di luce li attraversava, come una stella cadente, all'improvviso.
Era quella luce che aveva incantato Annalù. 



Anna Luisa, per tutti Annalù, aveva 13 anni e non parlava.  Dicevano fosse muta, di fatto forse non era muta, ma era solo triste.
I suoi genitori si picchiavano, si odiavano da tempo, i suoi fratelli combattevano tra loro stanche battaglie di sopravvivenza. Annalù già a tre anni si rifugiò in un mondo segreto. Disegnava paesi immaginari fatti di nuvole parlanti, ragni acquatici,  pesci volanti, galassie luminose e lontane.
Annalù riempiva i suoi quaderni di questi sogni, si nutriva d'immaginario.
Fuggiva dalla sua realtà e piangeva di nascosto, di notte.


                            


Jo era un mangiafuoco. Sapeva creare scintille e galassie meravigliose nella notte. Quando arrivava la Fiera dell'Estate, al paese, tutti i ragazzi aspettavano lui e gli altri artisti come una liberazione. Arrivava la magia, arrivava l'incanto.
C'erano gli acrobati, i clown-giocolieri, la maga che prediceva il futuro, ma lui era il pezzo forte. Si allenava per giorni con le torce, doveva fare attenzione, il suo era un lavoro pericoloso che elettrizzava tutti. I clown suonavano i tamburi e lui, in mezzo al buio, seguiva il ritmo, padrone delle fiamme.



Annalù andava tutti i pomeriggi a guardare Jo che provava. 

Gli altri ragazzi la prendevano in giro: Annalù ama lo sputafuoco! Ma non vedi che è più grande di te! Neanche ti vede! Annalù - 

E le tiravano un po' di terra addosso, ma lei li ignorava. 

Non capivano, non potevano capire cosa provasse.

Lei disegnava fissando il fuoco che volteggiava davanti a lei.
Ed ogni giorno creava un mondo fatto di carta e lo donava a Jo.





Lunedì: una foglia sospesa nel cielo. La foglia aveva delle sfumature notturne e lui ripensò a qualcosa che aveva dimenticato. Quel colore lo riportava indietro di mille anni, o forse di più. Forse quel colore lo aveva soltanto sognato, non sapeva quando.


Martedì: una casa nella foresta. La pioggia aveva coperto di piccole gocce l'erba, si sentiva il profumo dell'acqua e della terra umida, come nelle favole che gli raccontava sua mamma, tanto tempo fa. 
Verde come il destino e come la voglia di correre forte in un prato. 
Verde come Mary, la sua donna 
e verde come Jack e Jim, i suoi figli.




Mercoledì: un bambino con una volpe selvatica, una volpe dal pelo di fuoco. 
Il bambino abbracciava la volpe ed era felice, ma non sapeva che avrebbe dovuto lasciarla, anche se alcuni amici non si separano mai, neanche volendo, rimangono collegati da fili sottili ed invisibili.



Giovedì: una bambina sirena, una bambina dai capelli lunghi castani, gli occhi mutevoli e la coda di pesce dalle squame azzurro- verde. Lei non parlava, ma raccontava con le immagini tutta la sua storia, tutte le sue mute speranze. Era Annalù.



Venerdì era l'ultimo giorno. 

La Fiera d'Estate era finita, gli artisti di strada caricavano i loro bagagli sulle auto diretti verso altri spettacoli, altri bambini, altri cieli.

Annalù non disegnò nulla.
Fissava il furgone di Jo e anche i suoi occhi tacevano.
-Non hai favole per me oggi? –
Lei tacque, come fosse sott’acqua. Lui aveva tracce di fumo e di fuoco sulla pelle, lei invece era  fatta di mare e silenzio.
Jo le accarezzò i capelli e se ne andò, voltandosi ancora una volta. Una luce, remota, nei suoi occhi.

Annalù rivide la brace, le scintille nel nero,
la vertigine delle stelle,
costellazioni create da lui,
con il suo fiato,
con la sua magia
e il ritmo dei tamburi.
E Jo
sempre più lontano,
E Jo
che se ne va.




La polvere del furgone,
il sole a picco,
il sole è spietato.

Annalù era solo una ragazzina, ma sapeva creare mille mondi.
Lo avrebbe fatto ancora e ancora.

Per lui,
per lei,
per la vita,
per i tramonti e per la luce dell'alba.

Annalù si ritrovava tutti i pomeriggi là dove un tempo c'erano stati gli artisti della Fiera e disegnava. Sorrideva a tratti,
mentre visi e universi uscivano dalla sua penna.
Qualcuno disse che era molto brava, che sarebbe diventata una pittrice, che un giorno se ne sarebbe andata via, lontano.
Lei lo sentiva vicino, lo sentiva sempre dentro di sé, sentiva di essergli accanto nel suo vagabondare.

 Federica Masini


Jo continuava la sua vita da attore e giocoliere, nei mercati, nei teatri improvvisati del mondo. Aveva anche una famiglia, una moglie, dei figli che amava. E aveva dei foglietti stropicciati, nascosti in una scatoletta di cartone. Erano i disegni di una bambina speciale e parlavano di lui.
Talvolta li guardava e ogni volta gli raccontavano qualcosa di nuovo e di antico.

La strada è lunga, gli dicevano,
in salita.
C'è la vita e c'è la morte,
c'è il dolore e la speranza,
ma in fondo a tutto
c'è quella luce.
Non spegnerla mai,
ti prego,
non spegnerla mai. 







martedì 4 giugno 2019

Bang bang

Sono partito e non so quando ritornerò. Un viaggio dentro e fuori di me, tu non lo sai.

Sei ingenua e perduta.
Io parto e vado lontano, così è la vita.
Non portare rancore.

René-Jacques 



Ho distrutto una parte di me, camminando nella notte fino all'alba.

Il cielo infine era troppo vicino.

Sono scappato, le vie, le case, i palazzi, come dopo una guerra.
Ma la guerra era in me.
Sanguinavo dentro, lentamente.
Questo dolore ancora continua.

E tu eri lì, bella come non ti ricordavo.
Anche tu avevi visto il baratro, anche tu eri stata troppo vicina al precipizio.
Uno, due, tre.
Chi hai sognato stanotte?
Non lo voglio sapere, perché potrei farti del male.

Bambina,
io e te per sempre,
combattenti,
perdenti,
amanti,
nemici,
fratelli,
sulla strada deserta.

Non posso abbandonare tutto ciò che siamo stati,
voglio vederti senza nient'altro addosso che la tua voglia di me.
Voglio il mare su di noi.
Le nuvole,
nei tuoi occhi
e i tuoi respiri,
sempre più brevi.



 Jean-Claude Bélégou



E ti vedo bambina,
ti vedo ragazza,
mamma,
e donna come ora,
e piango.
Perché il fuoco è sotto di noi,
il fuoco è dentro di noi.

Stringimi più forte,
non farmi andare via.