martedì 21 maggio 2019

Shadows

Scappare dai propri pensieri non basta quando il  vento si alza e scardina ogni cosa.

Tutte le tue certezze, tutti i tuoi programmi, via, nel cielo sconfinato di maggio.

E tu ti senti così inerme, senza corazza, nudo. Ed io vorrei poterti abbracciare, ma non posso.

Centinaia di parole, chiuse dentro di me, centinaia di storie che non possono essere raccontate.

Io, tu
e tutto il cielo capovolto.

Io, tu
e l'infinito dentro i nostri occhi.





Tutto quello che sei io non lo so e non lo posso sapere, eppure lo vorrei.
Vorrei poter ascoltare tutta la tua storia.

Mi siederei sull'erba e guarderei le ombre mutevoli sul tuo viso, perché hai tanto camminato e la strada ha lasciato il segno su di te. La polvere nei tuoi capelli, vorrei poterli accarezzare e vorrei vederti sorridere.

 Hajime Namike



 Ti parlerei dei giorni perduti, di quando ho corso per vederti e infine tu non c'eri più.

Ti parlerei dei miei giochi da bambina, ti parlerei dell'odore delle albicocche acerbe che rubavo dagli alberi,

della mia casa nascosta dall'erba troppo alta, ti parlerei delle mie cadute e del dolore, ma anche della gioia e della speranza, piccoli semi dentro di me.

E tu forse sorrideresti o forse no.
Forse mi accarezzeresti con gli occhi ricordando i giorni della tua infanzia.

Io non so più niente,
sotto il sole e gli acquazzoni improvvisi,
vivo di gocce e d'istanti.
Tutte le mie storie s'accavallano, vorrei poter aprire le finestre e farle uscire, ma no, non posso.

Allora ti scrivo lunghe lettere che mai leggerai, invento una leggenda che parla di te, del tuo mondo, dei personaggi che vivono in te, con te, come compagni vivi e silenziosi, sempre al tuo fianco.

Regalo al vento tutte le mie storie, l'unico che potrà leggerle sarà lui.
In fondo sono solo una piccola cantastorie che ama imbastire trame e ascoltare i bambini, i loro sogni e le loro paure.


 Bernard Plossu


Io,
il vento,
i bambini,
le parole,
l'attesa,
l'infinita voglia di te,
la tua voce (l'ascolto talvolta in una conchiglia e m'addormento con lei),
l'inquieta speranza.

(Ogni giorno è l'ultimo giorno,
fratello,
amico mio).






domenica 5 maggio 2019

Fuori dal buio

Lui era chiuso in sé, come un albero in inverno; lei era una libellula in cerca d'acqua, attenta ai singoli raggi del sole di maggio. Lei viveva di cielo, si fermava e lo guardava. Le nuvole non sono mai uguali, soprattutto prima della tempesta.

Malcolm Liepke


Lui non voleva soffrire, lei non voleva inaridirsi.
Si conobbero in primavera. Un fulmine che crepa il legno internamente, la paura del dolore.
La paura dell'abbandono.
- Io non ti lascerò - pensava lei, ma non poteva dirglielo.
Tutto il mondo attorno a loro girava: le case, le finestre rotte, gli specchi, le scale mai percorse insieme, i viaggi, i libri, le poesie.
Scoprirono i loro corpi lentamente, centimetro dopo centimetro, accarezzandosi, guardandosi a lungo, in penombra.
- Raccontami di te - disse lei - voleva sapere, voleva ascoltare la sua storia per entrare in punta di piedi nella sua vita.
E lui le parlò di sé, del tempo antico, del suo lavoro, della nostalgia, del mare e del vento.
Ma poi tacque.
E lei lo cercò ancora.
E rimase solo il suo silenzio.
- Perché? -
Qualcosa che fa male si era aperto nel suo tronco e lei non poteva farci niente.
- Perché? - ripeteva.



Lei ritrovò le sue ali di libellula, provò a volare, ma il cielo era così distante. Infinito e denso, scuro e profondo.

Lui tornò alla vita di sempre, dietro alla telecamera, montando la vita degli altri, film e destini che gli appartenevano, ma solo in superficie.
Lei era qualcosa d'indefinito, un soffio caldo nel suo silenzio, ma doveva dimenticare.

Lui di notte scolpì una figura di donna, incise nel legno un corpo sinuoso dalle ali grandi.

Lei scrisse una lunga storia che parlava di un uomo che aveva perduto la strada e neanche lo sapeva.

Le ali non servono se sai dov'è la felicità,
non serve più scappare.

La felicità è qui, è ora. Si diceva, ma sempre le mancava qualcosa. Un pezzo di sé che aveva perso perdendo lui.

A volte bisogna distruggersi per poter ricominciare.

Kenn Erroll Backhaus


Si lanciò dal ponte che dà sul fiume.
Le sue ali erano fragili e immaginarie.
L'acqua era gelida, era un mattino in cui ti svegli e senti di aver perso.

Ma tornò su e nuotò, una forza che non conosceva entrò in lei.
C'era solo più lei, l'acqua e il suo destino sulla pelle bagnata.
Doveva sopravvivere, doveva andare avanti.
Fuori dal buio.