Tutte le tue certezze, tutti i tuoi programmi, via, nel cielo sconfinato di maggio.
E tu ti senti così inerme, senza corazza, nudo. Ed io vorrei poterti abbracciare, ma non posso.
Centinaia di parole, chiuse dentro di me, centinaia di storie che non possono essere raccontate.
Io, tu
e tutto il cielo capovolto.
Io, tu
e l'infinito dentro i nostri occhi.
Tutto quello che sei io non lo so e non lo posso sapere, eppure lo vorrei.
Vorrei poter ascoltare tutta la tua storia.
Mi siederei sull'erba e guarderei le ombre mutevoli sul tuo viso, perché hai tanto camminato e la strada ha lasciato il segno su di te. La polvere nei tuoi capelli, vorrei poterli accarezzare e vorrei vederti sorridere.
Ti parlerei dei giorni perduti, di quando ho corso per vederti e infine tu non c'eri più.
Ti parlerei dei miei giochi da bambina, ti parlerei dell'odore delle albicocche acerbe che rubavo dagli alberi,
della mia casa nascosta dall'erba troppo alta, ti parlerei delle mie cadute e del dolore, ma anche della gioia e della speranza, piccoli semi dentro di me.
E tu forse sorrideresti o forse no.
Forse mi accarezzeresti con gli occhi ricordando i giorni della tua infanzia.
Io non so più niente,
sotto il sole e gli acquazzoni improvvisi,
vivo di gocce e d'istanti.
Tutte le mie storie s'accavallano, vorrei poter aprire le finestre e farle uscire, ma no, non posso.
Allora ti scrivo lunghe lettere che mai leggerai, invento una leggenda che parla di te, del tuo mondo, dei personaggi che vivono in te, con te, come compagni vivi e silenziosi, sempre al tuo fianco.
Regalo al vento tutte le mie storie, l'unico che potrà leggerle sarà lui.
In fondo sono solo una piccola cantastorie che ama imbastire trame e ascoltare i bambini, i loro sogni e le loro paure.
Io,
il vento,
i bambini,
le parole,
l'attesa,
l'infinita voglia di te,
la tua voce (l'ascolto talvolta in una conchiglia e m'addormento con lei),
l'inquieta speranza.
(Ogni giorno è l'ultimo giorno,
fratello,
amico mio).