lunedì 24 giugno 2024

La canzone del mondo migliore

 Le città avevano dimenticato le voci del bosco. Non ricordavano più il flusso del tempo. Luci artificiali avevano offuscato le stelle.
Il cielo era opaco. Muto.
Io non mi stancavo di camminare sotto la pioggia. Pioveva da giorni, le nuvole erano un paesaggio in continua metamorfosi e io avevo dimenticato tutto, ma non te. 
Tu restavi come un fiore tenace ancorato al mio cuore. Fiorivi a tratti, aprendo i tuoi petali e facendomi sanguinare.
Nelle vetrine vedovo manichini senza volto, senza mani nè speranza. 
Gli abiti erano il loro unico vanto, anche loro non potevano vedere ciò che stava accadendo al mondo.
Attraversavo le vie senza fretta e arrivavo al grande fiume.
Guardavo l'acqua scorrere e la sentivo sussurrare parole incomprensibili. Il verde si specchiava nel riflesso, diventava silenzio.
Ritornavo a rivivere i giorni della lotta, mi rivedevo, così giovane e ostinata, rivedevo le mie gambe correre nella città blindata, risentivo le voci, le nostre mani alzate a chiedere qualcosa che non sarebbe arrivato nè allora, nè mai.

Dove abbiamo sbagliato? 
Dove ci siamo persi?
Nell'incanto dell'idea che non sa farsi realtà, nel dolore che si accortaccia su se stesso.
Allora, a quel punto, arrivavi tu e mi stringevi.
Il fiume tornava ad essere un compagno benevolo, le nuvole, le foglie e noi due.
- Non è ancora finita - dicevi tu.
- Non è ancora finita - 
E cantavamo la nostra canzone, credendoci ancora, credendoci sempre.