Lui era bello, gli occhi erano azzurri, limpidi, ma impenetrabili. Eppure non sapeva giocare con i compagni. Un'onda si impossessava di lui, talvolta, e lui si abbandonava a lei, diventando vento e tempesta.
Allora lo vedevo, era lontano in un oceano ghiacciato e sterminato. Laggiù non c'erano appigli, c'era solo acqua scura e silenzio.
Volevo recuperare la chiave segreta che apriva la porta della sua mente, saper interpretare le tracce che lasciava, per farlo uscire da lì. Volevo aiutarlo a trovare la sua voce prigioniera di un incantesimo incomprensibile.
Se si trova la chiave il bambino del vento riuscirà a sorridere e, forse, imparerà a sopportare tutte le banalità del mondo, mi dicevo.
Ma poi capivo che dovevo solo imparare ad ascoltare.
Non subire, non indagare, ma aprire gli occhi e guardare tutto dalla sua prospettiva.
C'erano galassie collegate da fili d'argento nel cielo, me lo disse lui.
E io non l'ho più dimenticato.
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