lunedì 9 agosto 2021

L'estate di Lisa

 Lisa viveva da sola al margine del bosco.

Aveva lasciato la città, forse per sempre. 

Si lavava ogni mattina e guardava le gocce scendere giù, percorrere la sua pelle, lentamente. Si asciugava col sole e col vento. Spesso girava scalza, le piaceva sentire la terra sotto i piedi.

Guardava il volo delle poiane, dei corvi. Accarezzava l'erba, parlava con i fiori. Amava il loro silenzio e il loro modo di risponderle, semplicemente esistendo, respirando.

In paese ci si chiedeva chi fosse, io sapevo solo una cosa, che quella donna doveva aver sofferto molto e che per questo era venuta qui, in questo posto dimenticato da tutti. 

Io avrei voluto fuggire, vedere le grandi città, il mondo. Lei, invece era venuta qui dopo aver visto tutto, come per riposarsi.

Lisa era una scrittrice, ma non scriveva più. Troppo dolore interno.

Ero tormentata da lei, volevo sapere, volevo conoscerla.

Io ero solo una ragazzina del paese, la figlia della panettiera. Lei era Lisa.

Un giorno andai da lei. Mi ero inventata una scusa, un pane speciale che volevo farle assaggiare. Lo avevo fatto impastando noci, uvetta e lacrime.

Lei mi guardò sorridendo, nuvole lente nei suoi occhi.

- Entra - mi disse.

- Deve essere buonissimo - Lo affettò, mise a scaldare dell'acqua in un pentolino.

Io volevo parlare, ma non ci riuscivo.

- Come ti chiami? -

- Rose - in realtà mi chiamo Rosa Maria, ma Rose mi era sempre piaciuto di più.

- Rose - ripetè il mio nome come se fosse una canzone da imparare a memoria, per non dimenticarla più.

- Quanti anni hai? -

- 14 -

Quel numero. 14. 14 anni.

Lo sapevo, io lo sapevo che aveva perso l'unica figlia. Avrebbe avuto la mia età.

Lisa mise in infusione della calendula essiccata.

Le mani tremavano.




Allora io iniziai a raccontarle delle sciocchezze per farla ridere. Le parlai dei miei compagni di classe, dei miei professori, di quanto erano ridicoli negli schermi, le parlai di Riki e delle figuracce che avevo fatto per lui. Di quando c'eravamo abbracciati e baciati, ma non per davvero, perchè avevamo la mascherina.

Lei mi ascoltava veramente, non come mia madre che faceva finta e si vedeva che stava pensando ad altro. Lei mi ascoltava e sorrideva. Credo di non aver mai visto un sorriso così bello.

- E poi? - chiedeva - Poi cos'è successo? - come se le mie avventure da quattordicenne imbranata fossero così speciali, così uniche.

Fu l'estate di Lisa, per me.

L'estate del cambiamento. Scoprii che amavo raccontare e che amavo ascoltare. Inventavamo storie io e lei, filo dopo filo, tessevamo arazzi immaginari. Il nostro mondo sognato si incastrava con il mondo reale e si confondeva. Io e lei eravamo sia fuori che dentro alla storia e ci nutrivamo entrambe l'una dell'altra.

Lei aveva ritrovato il sorriso, io avevo scoperto una parte segreta di me.

Non ci lasciammo più.

Lisa e io, come superstiti in mezzo al mare in burrasca, ci eravamo trovate e superammo insieme la tempesta.



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