Erano anni di transizione. Molti di noi non potevano più tollerare le dinamiche delle discoteche, le attese davanti ai buttafuori: sei abbastanza figo per entrare qui dentro, amico? No, non lo sei, vai via, sgombra.
E poi lì non c'era la musica che ascoltavamo noi: i Clash, i Madness, i Nirvana, i Mano Negra. Scoprimmo i centri sociali.
Foto di Milena Poggio
Luoghi recuperati o sottratti, colori violenti sulle pareti, il cemento assumeva finalmente altre sfumature. L'arcobaleno nelle discariche.
Mi trovai bene, mi trovai a casa. C'erano persone come me, considerate strane dagli altri, considerate eccentriche o semplicemente out.
E anche la mia piccola opaca provincia sembrava illuminata da una luce nuova, rossa come la brace, blu come la profondità dell'abisso, viola come l'amore senza speranza.
Noi eravamo il futuro, noi potevamo cambiare le cose.
Oggi siamo uomini, ma non siamo noi al comando? Abbiamo portato quei colori fuori da lì?
Forse non dovremmo dimenticare i sogni della nostra fottuta adolescenza.
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