Il suo corpo custodiva i segni degli inverni, una vena ramificava la sua gamba sinistra.
Era la traccia del tempo trascorso.
Blu come il cielo della sua infanzia, cielo così vasto da far venire i brividi. Quando correva da piccola e guardava in alto vedeva le mani degli alberi e le dita del vento che si sfioravano giocando.
I suoi capelli erano ancora forti e ribelli, ma erano sempre più bianchi. Le sue mani tremavano leggermente e il collo aveva pieghe più scure, come il tronco del vecchio susino.
Bianca credeva di aver vissuto molte vite. Era stata bambina, era stata ragazza, era stata giovane, era stata madre.
Aveva inventato decine di storie, storie di ghiaccio.
Che ne sarebbe stato di lei, dei suoi amori, dei suoi personaggi, splendidi come statue di cristallo.
Il tempo era crudele e beffardo.
Bianca si aggirava nel castello intricato della sua mente, popolato di creature reali e immaginarie e sorrideva piangendo a tutti loro. Un giorno anche lei sarebbe diventata fragile e incantata, come quelle sculture congelate. Prigioniera di un ricordo incompleto.